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lunedì 25 giugno 2012

La Deputazione

La storia
I sedili
Sedili e Deputazione


La Storia della Deputazione della Real Cappella del Tesoro di San Gennaro
Nata nel 1601, la Deputazione della Real Cappella del Tesoro di San Gennaro costituisce una delle più antiche e singolari istituzioni ancora rimaste in Italia. Al di là della voluminosa letteratura esistente sulla storia del Santo, sulle reliquie, sul Tesoro e sulla Deputazione stessa, occorrerebbe ancora divulgare il significato, il senso e il valore di questa Istituzione, espressione diretta della città di Napoli e del legame tra il popolo e il Santo Martire. La Deputazione, infatti, garantisce da quattro secoli l'intangibilità delle ampolle del sangue e delle sacre reliquie, l'amministrazione, la tutela del culto e dell'immenso Tesoro di San Gennaro, custodendo la Real Cappella del Tesoro, uno dei gioielli universali dell'arte. Negli anni 1526 e 1527 la città subiva contemporaneamente due flagelli: la guerra tra Spagna e Francia e la pestilenza. Per questi tragici avvenimenti, il popolo implorò la protezione di San Gennaro, formulando il voto solenne di erigergli una nuova e più ampia Cappella del Tesoro all'interno del Duomo. L'impegno fu immediatamente assunto e sottoscritto dagli Eletti della Città, cioè dai rappresentanti dei cinque Sedili Nobili e dal Sedile del Popolo che costituivano il Corpo di Città. Il 5 febbraio 1601, quindi, nominarono una Deputazione di dodici membri, due per ciascun Sedile, cui affidarono l'incarico di provvedere alla fondazione della Cappella che fu inaugurata il 16 dicembre 1646. Molte sono state le vicissitudini e le lotte giurisdizionali sostenute dalla Deputazione, anche per la difesa del diritto di patronato della Città sulla Cappella e, probabilmente, senza l'esistenza di questa nobilissima Istituzione, la tradizione, la storia, la cultura e lo straordinario patrimonio artistico legati al culto di San Gennaro, non sarebbero stati conservati intatti nel tempo.
La storia della Deputazione, ricca di eventi e di attività, si è dunque dipanata per circa quattro secoli fino a oggi. In questo arco di tempo i Deputati hanno sempre assolto con passione, disinteresse e devozione il loro compito, provvedendo alla non facile amministrazione della Real Cappella che richiede, oltre alla manutenzione ordinaria, spese per interventi di manutenzione straordinaria e spesso restauri di notevole entità. A tali spese, specie nel passato, i Deputati hanno fatto fronte anche con interventi personali, quando le entrate costituite dall'obolo dei fedeli, dalla rendita di alcuni lasciti e da un contributo dovuto dal Comune di Napoli, non risultavano sufficienti a bilanciare le uscite.
Napoli, come si può vedere, custodisce tradizioni plurisecolari che fanno parte delle radici culturali del popolo e gli stessi Deputati, ancora oggi scelti tra le antiche famiglie, un tempo ascritte ai Sedili (tra gli altri Caracciolo, Carafa, de'Medici, Imperiali, d'Aquino, di Somma, Sanfelice, Carignani), custodiscono e testimoniano questa tradizione.
Compito della Deputazione della Real Cappella del Tesoro è la rispettosa conservazione dell'antica tradizione e il riconoscimento della sua importanza religiosa nel tempo, non solo per i nostri giorni, con la sua valenza unificante e comunitaria, ma soprattutto per le generazioni future.


La storia dei Sedili
Negli ultimi tempi dell'età ducale (763-1139) Napoli iniziò ad organizzarsi in regiones, una suddivisione amministrativa per quartieri, a cui, almeno inizialmente, non corrispondeva una precisa configurazione topografica. Durante la dominazione sveva, iniziata nel 1194, la città si divise in Tocchi (quelli di cui si ha conoscenza sono Arco Cabredato, San Paolo, Capuana e Nido), circoscrizioni territoriali con funzioni amministrative, corrispondenti a piazze e rioni o, in alcuni casi, costituiti da una sola famiglia molto importante o molto numerosa: ad esempio il tocco dei Franconi.Con l'avvento degli Angioini, nel 1266, venne conservata la suddivisione in regioni le quali, nel 1268, presero il nome di Sedili , organismi con funzioni amministrative e politiche che nelle intenzioni del re Carlo I avevano il compito di decentrare le attività cittadine e “conciliare” le esigenze dei cittadini ed il potere del sovrano. Essi, che avevano avuto i loro “antenati” nelle regiones e nei tocchi, possono essere considerati la conclusione di un lungo processo che portò al decentramento amministrativo, resosi necessario per l'intenso sviluppo di Napoli.La città era divisa in varie “contrade” nella quali si contavano 29 sedili; per l'estinzione di famiglie nobili o spesso per provvedimenti dei sovrani, presi anche per punire soprusi, i seggi andarono col tempo riducendosi, divenendo ben presto 10, anche perché i minori si fusero con i maggiori; finché nel 1338 Roberto d'Angiò, allo scopo di sanare i contrasti causati dall'egemonia che i seggi di Capuana e Nido volevano esercitare sugli altri, emanò dei decreti in cui si menzionavano soltanto 6 sedili. (I decreti, per risolvere i contrasti provocati dalle pretese dei due seggi di avere maggiore importanza negli incarichi pubblici, stabilirono che a Capuana e Nido si assegnassero un terzo delle cariche e degli oneri della città e che i due terzi si dividessero tra gli altri quattro sedili).Cinque erano i sedili dei nobili di Capuana, Montagna, Nido, Porto e Portanova – tutti suddivisi in ottine – e uno del Popolo che comprendeva la popolazione non nobile di tutta la città ed era diviso in 29 ottine. Le famiglie nobili di Capuana e Nido rimasero salde nel loro ruolo, affrontando anche le diverse dominazioni che si sono susseguite nel corso dei secoli; i due seggi, difatti, rappresentavano la nobiltà “antica”, quella originaria della città, e soprattutto famiglie di maggiore peso politico.
Gli altri sedili, invece, avevano una notevole componente di famiglie di nobiltà straniera, quella che era arrivata al seguito delle nuove dominazioni, prima con i Francesi, poi con Spagnoli e Austriaci, fino ai Borboni. Era possibile richiedere l'appartenenza ad un sedile se si abitava all'interno del suo territorio; l'ammissione avveniva con votazione unanime favorevole degli anziani nobili della piazza. I seggi vennero soppressi l'otto maggio 1800 con un decreto di Ferdinando IV di Borbone, che li accusò di corruzione e di non aver appoggiato la sua monarchia, e le loro sedi trasformate in edifici di abitazione. Le sedi dei sedili erano edifici a pianta quadrata, aperti a fornice da tre lati e coperti da una cupola; comprendevano una sala grande per le riunioni ed un piccolo vano per gli incontri privati.
Il sedile di Montagna , posto all'angolo di via Tribunali con via San Paolo, prendeva il nome dalla sua ubicazione nella parte più alta della città; il suo stemma era uno scudo con fondo d'argento e un monte verde con tre cime. Probabilmente esso si trovava prima sotto la casa dei Franconi e poi, nel 1419, passò all'angolo dell'attuale via San Paolo, di fronte al palazzo dell'Imperatore, proprietà della famiglia Cursi; esso era anche detto del teatro e dei Franconi ed era stato fuso con quello di Forcella e con altri otto minori, di cui si ricordano: San Gianuario, de' Calandri, de' Canuti, de' Ferrari, de' Capopiazza, di Sant'Arcangelo e di Talamo. All'incrocio di via Tribunali con l'attuale vico Sedil Capuano sorgeva la sede del sedile di Capuana ; suo protettore era San Martino, barone e vescovo di Tours; lo stemma era un cavallo dorato frenato in campo azzurro; della sede restano due archi e una colonna incorporati nelle fabbriche successive. Esso aveva incorporato l'antico sedile di Santo Stefano. Il sedile di Forcella, unitosi poi con quello di Montagna, aveva sede nei pressi della chiesa di Santa Maria a Piazza.Quello di Nido prima presso la statua del Nilo ed in seguito nella chiesa di Sant'Angelo a Nido, posta tra vico Donnaromita e vico del Salvatore; il suo stemma era un cavallo sfrenato d'oro in campo azzurro. Al sedile di Nido si erano uniti quello di Fontanula, e quello d'Arco. La sede di quello di Porto era tra via Mezzocannone e via Sedile di Porto; nel Settecento si trasferì a via Medina presso l'Ospedaletto; il suo stemma era Orione con un pugnale nella mano destra. Ad esso si unirono tre sedili: de' Griffi, Aquario, Abate San Ciro.
Quello di Portanova era nella piazza con lo stesso nome; lo stemma era una porta d'oro chiusa in campo azzurro. Esso era prima detto di Porta a Mare, perché sorgeva nei pressi della porta che dava sulla marina, poi, quando quell'antica porta fu abbattuta e ne fu costruita una nuova presso Sant'Eligio, il sedile acquisì la nuova denominazione. Esso aveva inglobato il sedile de' Costanzi e quello degli Acciapucci.
Il sedile del Popolo era situato nella piazza della Selleria; il suo stemma era una P nera in campo metà rosso e metà oro (divenuto poi, tolta la P, simbolo del Comune della città di Napoli). Quella sede venne abbattuta da Alfonso d'Aragona nel 1446, perché ingombrava la strada antistante la casa della sua favorita, Lucrezia d'Alagno, ed il sedile abolito; questo episodio sta a dimostrare quanta considerazione venisse data al sedile del Popolo! Solo successivamente, nel 1495, venne riabilitato da Carlo VIII, con sede presso Sant'Agostino alla Zecca. Sotto la torre posta all'incrocio di via Tribunali con via Atri e via Nilo vi erano le sedi dei sedili di Nilo e d'Arco; quest'ultimo venne poi incorporato in quello di Nido. Le riproduzioni degli stemmi dei sedili sono visibili sulla facciata del campanile della chiesa di San Lorenzo, in uno dei saloni di Palazzo San Giacomo, e nella sala di riunione della Deputazione della Real Cappella del Tesoro di San Gennaro. I seggi avevano poteri assoluti nella gestione amministrativa della città; erano anche autonomi dal sovrano, che nelle sue decisioni era quasi obbligato ad avere la loro autorizzazione. Stabilivano anche l'itinerario della processione in onore di San Gennaro, che toccava i luoghi indicati dai “capo ottine”. A capo di ogni sedile vi era un capitano ed un consiglio, costituito da sei cavalieri o deputati, ad eccezione di Nido che ne aveva cinque, e per questo era detto magistratura dei sei e dei cinque; i cinque e i sei erano eletti a sorte e rimanevano in carica un anno, durante il quale esercitavano giurisdizione sui nobili della piazza. Ogni seggio, poi, designava un rappresentante, chiamato eletto , che insieme agli altri formava il governo municipale, costituito da 7 rappresentanti perché il sedile di Montagna ne eleggeva due, per la fusione con quello di Forcella, che ancorché abolito conservò il diritto di nominare il proprio eletto.
I sette rappresentanti dei sedili formavano il corpo di città , che aveva funzioni annonarie e di rappresentanza: concedere la cittadinanza, autorizzare l'occupazione di suolo pubblico, imporre gabelle, votare per il sindaco (che aveva solo funzioni di rappresentanza); essi tutelavano i costumi, tenevano vive le pratiche religiose, promuovendo e guidando grandiose processioni per le strade della città, si occupavano di gestire gli enti assistenziali, il Monte di Pietà, l'Annunziata, gli Incurabili, Il Pio Monte della Misericordia. Tra le tante nobili istituzioni, ancora esistente è la Deputazione della Real Cappella del Tesoro di San Gennaro, istituita per custodire e proteggere le ampolle contenenti il sangue del martire; tuttora costituita dai rappresentanti delle famiglie nobili “di seggio”, e da quelli del sedile del Popolo, essa è l'ultimo e unico ricordo storico degli antichi sedili napoletani. Gli eletti costituivano anche il Tribunale di San Lorenzo , così chiamato perché si riuniva all'interno del convento della chiesa di San Lorenzo Maggiore, che costituiva il “potere esecutivo” nell'amministrazione della città e aveva il compito di conservare e distribuire le derrate per i cereali e l'olio d'oliva e di esprimere giudizi sugli affari municipali, con voto favorevole di quattro eletti. Vi erano poi funzioni specifiche riservate ai singoli sedili: Capuana riceveva il nuovo vescovo; Porto sorvegliava le pietre del pesce, dove si riscuoteva una gabella; Popolo forniva le doti alle ragazze bisognose, ricavandole dalla gabella sua sale, e conservava le chiavi delle porte della città. Nella seconda metà del Cinquecento, accanto agli eletti dei sedili, per i provvedimenti di carattere annonario, fu posto il Grassiero, detto anche Prefetto dell'Annona, che con il tempo divenne il presidente del tribunale, in cui rappresentava il Viceré.


I rapporti tra i sedili e la Deputazione
La storia dei sedili di Napoli è stata ricca e articolata.
Di sicura importanza è stato il loro ruolo in relazione al Santo Patrono di Napoli, San Gennaro: i sei sedili che gestivano, dividendosene gli incarichi, l'amministrazione politica e religiosa della città, avevano anche il potere di creare piccole deputazioni, per migliorarne l'iter amministrativo. Proprio in relazione a questa loro funzione, il 1527 fu molto importante. In quell'anno gli eletti della città fecero voto di erigere una nuova cappella all'interno della cattedrale in onore di San Gennaro, ed istituirono una piccola deputazione che doveva custodire e proteggere le ampolle contenenti il sangue del martire, e mantenerne vivo il culto. Aveva, inoltre, il compito di manutenere e amministrare la cappella ed eleggerne cappellani, tesoriere e chierici, che venivano scelti tra i prelati dei sei sedili di città. In passato, già Carlo II d'Angiò aveva creato una rappresentanza di nobili, che scelse dai sei sedili, per la manutenzione e amministrazione della cappella vecchia, collocata nella torre a destra del Duomo. La costruzione della cappella ebbe inizio solo l'otto giugno 1608, dopo aver ottenuto, nel 1605, da Paolo V la bolla di fondazione, in cui il Papa poneva la cappella sotto la giurisdizione pontificia, rendendola di fatto indipendente dalla Curia di Napoli. In questo modo, Paolo V riconosceva alla città il diritto di patronato sulla cappella, per la sua dotazione, costruzione e fondazione, e il diritto di nomina dei sei canonici, specificando che tali diritti non discendevano da privilegio canonico, ma da fondazione laicale. Quanto stabilito da Paolo V venne ribadito dalla bolla di Papa Urbano VIII, del 1635, che dichiarava la deputazione indipendente dall'Ordinario di Napoli e soggetta al nunzio apostolico nominato dal Papa; in più affidava ai deputati la nomina dei chierici, fino ad allora nominati dai canonici. Nel 1646, grazie ad un contratto fra la cappella e gli eletti della città, Napoli si impegnava a versare una somma ogni anno per il mantenimento della cappella stessa.
Quando con l'editto del 1800 Ferdinando IV abolì sedili, corpo della città, tribunale di San Lorenzo e tutte le deputazioni, venne abolita di conseguenza anche la deputazione che amministrava la Cappella del Tesoro di San Gennaro; il re, con un dispaccio del 12 settembre dello stesso anno, affidò l'amministrazione della cappella ad un Tribunale Conservatore ; esso fu sostituito poi il 13 ottobre 1806, quando venne costituita, sempre con dispaccio reale, una deputazione formata da sette nobili. Ma Ferdinando non intese, eletti da lui i deputati, togliere loro quelle funzioni che derivavano dalle antiche bolle dei pontefici, e, sebbene da allora i membri della deputazione fossero di nomina regia, restarono ferme le disposizioni in materia di amministrazione e governo della cappella, che rimaneva sotto la totale gestione della deputazione.
Il 23 gennaio 1811 essa fu messa sotto la presidenza del sindaco pro tempore di Napoli, regola tuttora esistente, e sotto la dipendenza del Ministero degli Affari Esteri, da Gioacchino Murat. Nel 1815 si stabilì di portare a dieci il numero dei deputati, che divennero dodici, tutti nobili, nel 1852. Il 26 aprile 1848 Ferdinando II pose la cappella sotto la dipendenza del Ministero e Real Segreteria di Stato della Presidenza del Consiglio dei Ministri. Nel 1861, con un decreto luogotenenziale, venne istituita una nuova deputazione costituita da dieci deputati nobili e due rappresentanti del popolo, che amministrava a norma delle bolle e degli statuti; e, abolito il Ministero della Presidenza, essa passò alle dipendenze del Ministero di Grazia e Giustizia e degli Affari Ecclesiastici. Venne rispettata, così, l'autonomia della cappella, che rimase, come ente morale sui generis, sotto la presidenza del sindaco di Napoli. La deputazione dovette aspettare la procura generale del re del 25 febbraio 1891 perché la Real Cappella fosse dichiarata monumentale, e solo nel 1894 Umberto I ne accettò lo statuto interno.Nel 1927 venne emanata la bolla palale di Pio XI; questa conferma quanto stabilito dalle precedenti bolle pontificie, sia in relazione al culto che all'amministrazione della cappella, riconoscendo che essa è sotto da diretta giurisdizione del Papa, rappresentato dal delegato apostolico Arcivescovo di Napoli, e della città, rappresentato dalla deputazione.